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Finanziatori del Progetto “Paesaggio Avegno 2”:

Cantone Ticino - Dipartimento del Territorio - Sezione sviluppo territoriale
Cantone Ticino – Dipartimento del Territorio – Sezione forestale
Cantone Ticino - Dipartimento delle Istituzioni – Sezione enti locali
Cantone Zurigo - Fondo Lotteria, tramite Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio
Ente Regionale per lo Sviluppo del Locarnese e Vallemaggia
Fondo svizzero per il paesaggio
Fondazione Ernst Göhner
Patronato svizzero per comuni di montagna
Comune di Avegno Gordevio
Patriziato di Avegno

Per maggiori informazioni:

Patriziato di Avegno
6670 Avegno
info@patriziatoavegno.ch

Il villaggio di Avegno, il primo sulla strada di chi imbocca la Vallemaggia, sul versante sinistro del fiume Maggia, è costituito da tre storiche frazioni: Lüdínt, la Gésgia e Vinzótt. Nonostante il moderno sviluppo edilizio questi insediamenti, sorti al riparo dalle piene del Ri grand (che attraversa l’intero villaggio da Est a Ovest), conservano una forte impronta rurale costituita da una trama fatta di antiche abitazioni, grotti, stalle, tinaie, cappelle, fontane e altre strutture della civiltà agropastorale dei secoli passati.

I tre nuclei sono collegati tra loro da un caratteristico percorso: il Sentiero romano – nome che riecheggia la presenza in valle di questa civiltà – attraversa gli sconnessi terreni agricoli, costeggia gli enormi massi erratici sopravvissuti all’antica lavorazione della pietra, affianca i tipici vigneti per la produzione del vino nostrano, fino ad addentrarsi nel bosco pedemontano che, grazie ai numerosi alberi di castagno, fu fonte di sussistenza per numerose generazioni di avegnesi. L’escursione proposta vuole offrire l’opportunità di rivivere, lungo tutto il percorso, le medesime emozioni che hanno accompagnato nei secoli passati le donne, gli uomini e i bambini di Avegno.

  • Il nucleo la Gésgia

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  • Il nucleo di Lüdínt

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  • I grotti di Lüdínt

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  • Al Pianásc

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  • I grotti di Vinzótt

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  • Il nucleo di Vinzótt

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  • La Fontána da Fid

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  • Il lavatoio

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  • Le gole di Ponte Brolla

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  • La zona golenale

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  • La parete rocciosa

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Il nucleo la Gésgia

La chiesa parrocchiale era, e per certi versi è ancora, il fulcro di tutto il paese e in particolare della frazione centrale, alla quale dà il nome e dove, nel corso dell’Ottocento, sono sorte le principali strutture pubbliche: la casa comunale, la scuola (oggi rimane solo quella dell’infanzia, ospitata in uno stabile moderno), il ristorante, il negozio e la fontana, datata 1858. Fino al 1838 lo spazio davanti a quest’ultima era occupato dal primitivo cimitero, benedetto nel 1516. Tutti questi edifici sono per lo più allineati lungo la prima strada carrozzabile della Vallemaggia, aperta negli anni 1818-1824. La stazione della linea ferroviaria Locarno-Ponte Brolla-Bignasco, in attività tra il 1907 e il 1965, si trovava invece appena più in basso.

Il nucleo la Gésgia

La chiesa parrocchiale dei Santi Luca e Abbondio

Si presume che la primitiva chiesa, a una sola navata, sia stata costruita nel corso del XIII secolo. L’ampliamento più importante, con la formazione delle due navate laterali introdotte da quattro imponenti colonne e degli altari laterali dedicati alla Madonna del Carmelo e a San Carlo Borromeo, risale alla prima metà del XVII secolo. Il campanile, invece, è del 1527 ed è stato rialzato nel 1852. Negli ultimi decenni del Novecento, la chiesa ha subito importanti rinnovamenti così che accanto a elementi assai antichi convivono opere di artisti contemporanei: la mensa e l’ambone di Panos da Faenza, il grande affresco dell’Ultima cena e le vetrate di fra Roberto Pasotti.

Il nucleo la Gésgia

Casa con pittura del soldato

Grande casa ottocentesca disposta su tre piani e con ballatoio, ristrutturata verso la metà del Novecento; benché alcuni interventi ne abbiano in parte compromesso l’aspetto originale, essa va segnalata per la facciata quasi interamente ricoperta da un dipinto raffigurante un soldato affiancato da due fiere (un leone e una tigre). Pur non avendo particolare pregio artistico la grande decorazione è degna di nota per la singolarità del soggetto e per la datazione del 1888.

Il nucleo la Gésgia

Case degli emigranti

Lungo la strada che collega il nucleo della Gésgia a quello di Ludínt sussistono testimonianze della fortunata emigrazione oltre Oceano di alcuni abitanti di Avegno. Degne di nota sono la C’a do Sèp Rianda, edificata nel 1899, che presenta modesti elementi decorativi sulla facciata e un bel giardino simmetrico e recintato, e soprattutto l’elegante C'a du Bòp Crespin, palazzina a tre piani fatta costruire nel 1910 da Arnoldo Crespini, il quale, ancor prima della fine del cantiere, decise di ripartire definitivamente per la California e la vendette al fratello Battista.

Il nucleo la Gésgia

Cappella della Santa Liberata

Non è nota la data di costruzione di questa grande cappella con portico, che si attribuisce alla seconda metà del XIX secolo, quando essa avrebbe sostituito due cappelle demolite nelle vicinanze. La cappella, pavimentata in lastre di beola, è dotata di un piccolo altare ed è interamente dipinta: la Madonna del Carmelo, al centro, è attorniata dalle Sante Faustina e Liberata, mentre le pareti laterali esterne sono decorate con un piccolo dipinto murale: a Ovest la Crocifissione con San Francesco d’Assisi e Santa Maria Maddalena, a Est la Sacra Famiglia. Il generoso portico, sostenuto da pilastri monolitici e voltato a crociera con il simbolo della SS. Trinità, ha una cancellata in ferro sui tre lati ed è probabilmente stato aggiunto all’inizio del XX secolo.

Il nucleo di Lüdínt

Nella bassa Vallemaggia le abitazioni premoderne, cioè quelle anteriori al XIX secolo, erano caratterizzate da un porticato al pianterreno e da un loggiato al primo piano, con sostegni in sasso o in legno, lungo il lato più lungo della casa, solitamente rivolto a Sud. Le scale, in sasso, erano esterne all’edificio per non sottrarre spazio ai locali abitativi e perché spesso utilizzate da più proprietari. Il nucleo di Lüdínt, la terra più settentrionale e meno popolosa del villaggio di Avegno, conserva alcune tipiche case valmaggesi nel loro aspetto originario e diverse altre che pur essendo state rinnovate ne mostrano ancora chiaramente i tratti distintivi. Altri edifici legati alla tradizione rurale quali il forno, la tinaia, le fontane, il lavatoio, alcune stalle ben preservate e diverse costruzioni sotto roccia arricchiscono la frazione di ulteriori interessanti elementi architettonici.

Il nucleo di Lüdínt

L’arco di pietra

Questo antico manufatto, conservato nella frazione più antica del Paese (Lüdínt), è ciò che rimane di una struttura più complessa, originariamente composta da due archi gemelli, che sostenevano un locale abitativo formando un portico sopra il passaggio pedonale fra le case.

Il nucleo di Lüdínt

La tinaia

Piccolo edificio un tempo destinato alla produzione e alla conservazione del vino. Al piano terreno sono installati un torchio a vite e una vasca di sasso dalla capacità di circa 1000 litri. L’impiego di lastroni, anziché di doghe di legno, per la realizzazione di grandi recipienti per la conservazione del vino è peculiare dei villaggi più meridionali della Vallemaggia. Al primo piano è stata allestita, da parte dell’APAV, una piccola esposizione, sempre aperta, che illustra la situazione della viticoltura nella Bassa Vallemaggia.

Il nucleo di Lüdínt

L'oratorio di Sant'Anna

L’oratorio eretto nella seconda metà del Seicento al centro della frazione di Lüdínt è dedicato a Sant'Anna, la madre di Maria. L’esterno è molto sobrio, con un piccolo portico e un campaniletto a vela. L’interno invece, pur non disponendo più di un arredo liturgico completo, conserva alcuni elementi degni di nota, in particolare la pala d'altare seicentesca con Maria Bambina tra i Santi Anna e Gioacchino e i dipinti murali realizzati nel 1966 dall’artista Hans Anton Tomamichel di Bosco Gurin, che spiccano sulla parete di fondo. Un tempo condecoravano l’oratorio anche le due statue in legno del XV secolo raffiguranti rispettivamente la Madonna col Bambino e Sant’Abbondio, ora esposte nella chiesa parrocchiale di Avegno.

Il nucleo di Lüdínt

Il lavatoio di Lüdínt

Lavatoio realizzato nel 1921. Inizialmente posto vicino alla fontana al centro della frazione, dove gli abitanti di Lüdínt attingevano acqua e abbeveravano il bestiame, nel 1946, dopo la costruzione del nuovo acquedotto comunale, è stato spostato vicino alla Capèla di Ortaiöi dove si trova tuttora.

Il nucleo di Lüdínt

La capèla di Formïi

Cappella settecentesca dedicata alla Madonna del Rosario, che è ritratta nella nicchia con San Domenico e Santa Caterina da Siena; circondano l’effigie quindici medaglioni raffiguranti i Misteri del Rosario. L’interno della nicchia è interamente dipinto e anche sul retro vi è un affresco, pure della Madonna del Rosario. Inopportune riparazioni risalenti alla metà del XX secolo hanno invece in buona parte cancellato i decori sul frontespizio e sul resto della facciata principale.

Il nucleo di Lüdínt

Le fontane di Lüdínt

Nella piazzetta di Lüdínt sono posate l’una accanto all’altra due fontane. La prima, monolitica, fungeva principalmente da abbeveratoio. L’altra è composta dagli elementi in sasso, uniti e sigillati con piombo, di una vasca bipartita un tempo installata in una cantina per la conservazione del vino: grandi recipienti come questo sono una caratteristica pressoché esclusiva di Avegno, dove sono presenti in gran numero nei grotti.

I grotti di Lüdínt

Il comparto dei grotti di Lüdínt, all’estremità settentrionale di Avegno, che oggi grazie agli interventi promossi dal Patriziato di Avegno nell’ambito del progetto di valorizzazione del territorio si presenta molto ben conservato, è costituito da una dozzina di costruzioni serrate le une alle altre a formare un nucleo molto compatto.
La maggior parte emerge appena dal suolo e presenta una copertura a falda unica che riprende l’inclinazione del pendio. Il loro sviluppo verticale infatti è preponderante sotto il livello del terreno, dove vani interamente o parzialmente sotto roccia e flussi di aria fresca sono stati sfruttati per la conservazione del vino nostrano, come testimoniano i numerosi manufatti conservati al loro interno. I cortili esterni, con tavolini e sedili di sasso, rievocano invece il tempo in cui la zona brulicava di vita, con i contadini che si concedevano qualche attimo di svago in buona compagnia dopo il lavoro nei campi o con il bestiame.

Al Pianásc

L’area di svago del Pianásc è situata in un’incantevole radura circondata da un suggestivo bosco di castagni. Le attività agricole tradizionali sono ancora ampiamente testimoniate dalla presenza di numerosi muretti in pietra naturale, manufatti un tempo indispensabili per la gestione degli animali al pascolo, divenuti oggi apprezzati elementi del paesaggio culturale. La fauna selvatica vi trova preziosi rifugi: lucertole, ramarri e bisce, topi selvatici e ricci, uccelli, molluschi e altri invertebrati. Pregevole testimonianza del paesaggio rurale tradizionale, la zona del Pianásc è stata oggetto di un interessante progetto di recupero e valorizzazione. Un mosaico di aree prative, alberi da frutto ad alto fusto, vigneti, boschi radi e cespugli che offre un habitat prezioso a numerose specie soprattutto animali. Negli ambienti estensivi di Avegno sono per esempio state censite almeno 9 specie di pipistrelli e 52 specie di uccelli, tra cui l’Averla piccola, il Torcicollo e il Picchio rosso minore. Mantenere il paesaggio agricolo tradizionale è molto importante per conservare la biodiversità, il Comune e il Patriziato si stanno impegnando molto in questo senso.

Al Pianásc

Il sentiero romano

Il sentiero chiamato “romano” è la via pedonale che in passato collegava le tre storiche frazioni di Avegno, Vinzótt, la Gésgia e Lüdínt; questo nome veniva spesso attribuito a manufatti ritenuti particolarmente antichi, anche senza uno specifico riferimento alla civiltà romana, che pur era presente in Bassa Vallemaggia. Per lunghe tratte questa mulattiera, che si snoda attraverso suggestivi scorci del villaggio e tocca numerose e ben conservate testimonianze della civiltà rurale e preindustriale, è racchiusa tra muretti in pietra a secco che delimitano anche i terreni circostanti e dovevano impedire al bestiame di sconfinare nei coltivi.

Al Pianásc

La capèla di Ronc'itt

La Capèla di Ronc'itt sorge lungo quello che oggi è lo scolo di un riale ma che un tempo costituiva la parte iniziale dell’antica cará per i Mónt dint. È stata restaurata nell’ambito del progetto di riqualifica del territorio (2020), mentre un precedente intervento data degli anni 1950-1955. Solo parzialmente conservati i dipinti, di un pittore ancora anonimo che ha operato in Vallemaggia, a Minusio e Mergoscia nella seconda metà del XVIII secolo: nella nicchia sono raffigurati la Madonna col Bambino al centro e San Giuseppe sulla sinistra; sulla parte anteriore si riconosce Sant'Antonio da Padova, mentre è scomparsa la probabile iscrizione nel cartiglio sul frontespizio.

Al Pianásc

I nuovi frutteti

Nell’ambito del progetto di riqualifica del territorio, oltre al recupero delle superfici agricole e alla sistemazione di numerosi manufatti della civiltà rurale, sono stati impiantati nuovi frutteti ricorrendo a varietà di piante indigene difficilmente reperibili, in particolare noci, meli, peri, ciliegi, biricoccoli e nespoli.

Al Pianásc

Al Gròtt di Iöscia

Particolare costruzione sotto roccia con muratura in pietra a secco e bel tetto in piode a una falda, unico elemento architettonico sporgente dal terreno, costruito per completare la copertura parziale di un macigno aggettante che costituisce pure la parete Est. Una scala in sasso porta verso l’entrata del vano, parzialmente soffittato a volta, all’interno del quale sono conservate alcune tracce della sua precedente funzione di deposito per lo stoccaggio di vini e formaggi: una nicchia, un basamento in sasso e dei ganci appesi al soffitto.

Al Pianásc

La capèla do Pianásc

Cappella datata 1814, con un elegante tetto in piode e riccamente decorata su tre lati. Dopo un restauro dai risultati discutibili eseguito negli anni 1955-1960, nel 2006 i dipinti hanno ritrovato il loro antico splendore grazie a nuovi più rispettosi interventi. Il motivo centrale, il Battesimo di Gesù, è raffigurato tra l’Immacolata Concezione e San Giuseppe, mentre tutt’attorno sono effigiati i santi Gottardo, Abbondio, Carlo Borromeo, Domenico e Rocco, figure importanti per la Chiesa cattolica e venerati con grande devozione nella regione.

Al Pianásc

La Cará do Ricardo

Suggestiva cará che indirizza l’escursionista verso l’antico sentiero per i Mónt dint, toponimo che indica tutta la montagna a destra della valle del Ri grand. Essa prende il nome da Riccardo Tomasetti che negli anni Quaranta del Novecento ne ha lastricato il tratto iniziale fino alla Capèla do Pianásc.

Al Pianásc

Al Casòtt do Tóni Tolátt

Semplice e rustico rifugio interamente in sasso che conserva le tracce dell’attività del Tóni Tolátt (Antonio Bianchi), che qui temperava punte e scalpelli per il taglio delle pietre che servivano alla realizzazione di edifici, di tetti in piode e dei caratteristici carásc (sostegni verticali per la vigna). Nella zona circostante e sparsi su un’area piuttosto estesa sono osservabili sassi con evidenti segni di lavorazione, con estrazione anche tramite esplosivo. Non si tratta di una vera e propria cava ma del recupero di grandi trovanti.

I grotti di Vinzótt

Ebe Stoira raccontava che suo padre Prospero Bianchi, al rientro dopo lunghe e faticose giornate lavorative, soleva dire alla moglie Piera «A sóm stracc’, ma mía asséi da mía podée naa a ciapaa un fiasc’ da vin al gròtt» (sono stanco, ma non abbastanza da non riuscire a recarmi al grotto a prendere un fiasco di vino). Considerata la notevole distanza tra le case di Vinzótt e i suoi grotti, questo aneddoto ricorda le usanze paesane di un tempo e riassume l’importanza di queste cantine per la popolazione locale.

I grotti di Vinzótt sorgono sulle pietraie della G’ána di G’èit, formatasi ai piedi di scoscese pareti rocciose dopo una frana preistorica. Un deposito di frana è un terreno poroso, che offre vani naturali, mentre negli anfratti fra i blocchi, generate dalla differenza di temperatura con l’esterno, circolano correnti d’aria fresca che, opportunamente convogliate all’interno delle costruzioni, si rivelano provvidenziali per mantenevi costantemente bassa la temperatura, rendendo i grotti il luogo ideale per la maturazione del vino e la conservazione di generi alimentari facilmente deperibili.

I grotti di Vinzótt

I grotti

Realizzati in muratura con cantine a volta oppure sopra vani naturali, i grotti di Vinzótt, una decina, formano un nucleo molto compatto a una certa distanza dalla parte abitativa della frazione. All’interno di alcuni edifici si possono ancora osservare i sostegni per i ripiani in legno (bèlti), sui quali erano riposte le forme di formaggio e altri prodotti, e una vasca di pietra per la conservazione del vino, mentre gli angusti spazi esterni sono arredati con sedili e tavolini in sasso. Degni di nota sono anche alcune finiture di pregio, in particolare la lavorazione alla punta degli stipiti e degli architravi.

Il progetto promosso dal Patriziato di Avegno ha permesso di restaurare buona parte degli edifici e di ricostruire interamente la copertura del grotto centrale, di dimensioni ragguardevoli. Sono stati inoltre ripristinati l’ampia zona pianeggiante un tempo riservata al gioco delle bocce e il relativo muro di sostegno, precedentemente danneggiati dalla caduta di un grosso masso.

I grotti di Vinzótt

I terrazzamenti

Il ronco di Vinzótt rappresenta una preziosa testimonianza dell’accortezza e della maestria messe in campo nel passato per riuscire a sfruttare anche le porzioni di terreno meno adatte alla campicoltura. Analogamente a molte altre superfici agricole anche questo ronco, abbandonato in seguito al rapido declino delle attività tradizionali dopo la Seconda Guerra mondiale, ha conosciuto un rapido insediamento della vegetazione arborea e arbustiva spontanea.

Il ripristino dei terrazzamenti era parte integrante della seconda fase del progetto promosso dal Patriziato di Avegno volto al recupero funzionale del patrimonio edilizio, rurale e storico situato a monte di Vinzótt. In un primo tempo sono state riportate alla luce le strutture mediante il taglio della boscaglia e la gestione delle neofite invasive, in seguito sono stati ripristinati con tecnica tradizionale circa 460 metri lineari di muri a secco e una piccola costruzione sotto roccia. Per rendere più razionale la loro futura gestione sono inoltre realizzate delle piccole rampe di collegamento tra i terrazzi.

Grazie alla collaborazione con le Associazioni Pro Frutteti e Centro Natura Vallemaggia, nel 2025 è previsto l’impianto di un frutteto con varietà antiche a medio e basso fusto.

I grotti di Vinzótt

La capèla di Gnèll

La raffinata capèla di Gnèll sorge nei pressi dei grotti di Vinzótt, proprio all’imbocco del sentiero che porta ai Mónt fòra. È intonacata e affrescata sui quattro lati e sul frontespizio reca l’iscrizione: “Martino Fr[a]ncesco Biancho a' fatto fare <...> anno 1733”. Nella nicchia è effigiato "Il S. Crocefisso della Nonciata di Como" circondato da santi mentre sul retro si può ammirare un pregevole dipinto raffigurante "La Morte del Giusto", opera dello stesso pittore che ha decorato la cappella presso il Grotto Maimorire.

Il nucleo di Vinzótt

Fra i tre nuclei di Avegno quello di Vinzótt è il più esteso e quello che consente di cogliere al meglio l’anima rurale del villaggio. Numerosi edifici conservano in buona parte intatto il loro aspetto originario e molte case tradizionali sono state ristrutturate con cura e rispetto. Grazie a questi esemplari interventi nel 1982 l’allora Comune di Avegno aveva ottenuto il riconoscimento del prestigioso Premio Wakker, conferito annualmente da Patrimonio svizzero.

Collegate da un intreccio di stradine e viottoli che si diramano dalla piazzetta al centro della quale campeggia una scultura realizzata con i pezzi monolitici di un antico torchio, le case e le stalle sono addossate l’una all’altra, intercalate da pergole di vite, una tinaia con abitazione sovrastante, una casa torre con forno, alcune cantine sotto roccia, un mulino ormai dismesso e diversi altri edifici legati alla civiltà contadina.

La Fontána da Fid

Questa grande vasca rettangolare, formata da lastroni che raggiungono i quattro metri di lunghezza, serviva un tempo da abbeveratoio per il bestiame. Oggi la presenza di una fontana così grande in mezzo al bosco potrebbe sorprendere, ma fino alla metà del Novecento tutta la zona era vignata e sfruttata a scopo agricolo. A differenza delle altre fontane del villaggio, alimentate dall’acquedotto comunale, la Fontána da Fid è approvvigionata da una propria sorgente d’acqua che sgorga ai piedi di una breve parete rocciosa.

Il lavatoio

Questo lavatoio sorge a notevole distanza dall’abitato di Vinzótt, in una posizione assai insolita ma giustificata dalla presenza, alla Costa do Bosc’, di una sorgente d’acqua con temperatura pressoché costante in tutte le stagioni. Se oggi questa caratteristica appare quasi irrilevante, nel passato agevolava non poco il lavoro delle massaie, soprattutto durante la stagione fredda. Appena più a Nord, dei terrazzamenti in pietra a secco rimangono a testimonianza dell’intenso sfruttamento anche di quest’area nei secoli scorsi.

Le gole di Ponte Brolla

Camminando lungo il fiume Maggia non è raro imbattersi in scorci davvero pittoreschi. È il caso per esempio delle Gole di Ponte Brolla, una formazione geomorfologica strabiliante che è possibile scorgere anche dallo storico ponte in ferro, sul quale tra il 1907 e il 1965 circolava il treno della ferrovia Locarno-Ponte Brolla-Bignasco. L’origine delle gole è da ricondurre alle fasi glaciali del Quaternario e in particolare all’ultimo massimo glaciale, risalente a circa 20'000 anni fa, periodo in cui lo spessore dei ghiacciai in questa zona superava abbondantemente i 1'000 metri. Le acque della Maggia, cariche di detriti, scorrevano costrette sotto l’immane peso dei ghiacci. Il conseguente aumento dei processi di erosione ha consentito la formazione di figure geomorfologiche estremamente apprezzabili anche da un punto di vista scenografico. Osservando le pareti si riconoscono ad esempio le tipiche marmitte dei giganti, conche scavate nella roccia formatesi grazie all’azione erosiva dell’acqua. Altrettanto degni di nota sono i disegni e le colorazioni estremamente peculiari delle migmatiti, rocce cristalline che in origine costituivano l’antico basamento europeo e che hanno poi subìto ulteriori processi metamorfici durante la formazione delle Alpi.

Consigliamo vivamente di non scendere nelle gole in quanto i massi sono scivolosi e il rischio di farsi male è elevato.

La zona golenale

Le golene sono gli ambienti naturali situati lungo i fiumi e soggetti alla loro continua influenza, ciò che li rende particolarmente dinamici e affascinanti.
Le golene della Maggia sono uno dei paesaggi più selvaggi della Svizzera e il tratto compreso tra Avegno e Bignasco è considerato di importanza nazionale (la zona più suggestiva è localizzata tra Giumaglio e Someo).

Il fiume Maggia è uno dei fiumi più torrentizi di Europa: in caso di forti piogge la sua portata può infatti aumentare in poche ore di migliaia di volte rispetto ai giorni di magra. L’azione del fiume erode, trasporta e deposita materiale in continuazione conferendo al paesaggio un volto nuovo a ogni piena. Si crea così un mosaico di ambienti naturali: boschi golenali umidi, prati magri, zone arbustive, greto nudo, pozze temporanee, ecc., ciascuno dei quali abitato da forme di vita spesso rare e con esigenze molto specializzate. Citiamo per esempio il Piro piro piccolo, la Natrice tassellata, il Grillo dei greti e il Tamerici alpino.

La parete rocciosa

Sebbene possano apparire come un ambiente sterile e poco ospitale, le pareti rocciose costituiscono in realtà un habitat fondamentale per alcuni animali. L’ampia parete rocciosa che sovrasta la zona del Torbeccio rappresenta un prezioso rifugio per numerose specie di uccelli, alcune particolarmente sensibili o addirittura minacciate, come ad esempio il Passero solitario, il Falco pellegrino e il Gufo reale.

Questo habitat particolare viene utilizzato anche dal Molosso di Cestoni, che con i suoi 45 cm di apertura alare risulta essere il pipistrello indigeno di dimensioni maggiori. In Svizzera i suoi rifugi invernali conosciuti sono localizzati esclusivamente nelle fessure di pareti rocciose molto estese e ben esposte alla radiazione solare. Di questo grande pipistrello non è raro sentire i fischi mentre la notte caccia alto nel cielo.

Anche questo comparto subisce delle pressioni antropiche, per esempio a causa di attività sportive come l’arrampicata. Con l’obiettivo di garantire almeno in parte uno spazio adeguato alle specie che popolano la parete il Cantone ha definito una «Zona di tranquillità» per tutelare la fauna selvatica.